Un rapido sguardo dall'alto,e tutto si fa più chiaro.
Dall'alto colgo un attimo, e percepisco il tutto.
A volte, dall'alto, scorgo disegni precisi e forme meravigliose.
Posso scrutare, osservare, contemplare, ammirare...spiare.
E mi sento potente, onniscente.
Dall'alto percepisco qualcosa di così immenso da far sembrare un uomo una formica.
Dall'alto, scorgo un uomo braccato: talmente schiacciato in quattro mura da togliermi il fiato.
Vedo il pericolo imminente, dall'alto; ma posso solo restare a guardare.
Dal basso, l'uomo braccato ancora non sa cosa lo attende: non può vedere.
Vedo precipitare qualcosa dall'alto verso terra, e mi sembra di cadere con lei.
Mantengo il controllo dall'alto, ma a volte tutto si aggroviglia, da non capire più cosa è cosa.
Dal basso, a volte qualcuno si accorge di me.
E non mi sento più così forte.
Oppure: "Quando due battute diventano un vero tormento!"
Ma andiamo per gradi..
- La "vittima":
Billy Wilder, regista e sceneggiatore, padre della commedia e del genere noir.
- Il luogo del "delitto":
" A qualcuno piace caldo", commedia brillante, densa di divertimento, gag, amore, e tante tante risate!
- Il "carnefice"...o meglio..."la" :
La diva Marilyn.
- L' arma del "delitto":
due semplici, brevi, piccole frasi: "Where is the bourbon?" ("Dov'è il bourbon?") e "It 's me, Sugar" ("Sono io, Zucchero")
30 ciak per la prima frase, e ben 47 per la seconda!! Marilyn non riusciva proprio a ricordare le battute!
Una vera tortura per il regista Wilder, che le provò tutte, posizionando ad esempio dei "gobbi" sul set per permettere a Marilyn di leggere le battute, ma che non ebbero l'effetto sperato... almeno, non immediatamente.
Un totale di 77 ciak...ma come direbbe qualcuno:
" Beh,nessuno è perfetto!"
"Ti devi rilassare.
Restare calmo.
La Gabbia è la tua casa.
Decidi tu il passo, imposti tu il ritmo.
Ascolta Beethoven.
Tu sei più intelligente, più paziente.
Aspetta che commetta un errore.
E quando accadrà...
Fai La Tua Mossa."
Mixed Martial Arts, torneo "Sparta": sedici guerrieri rinchiusi nella "Gabbia" ad affrontarsi . Un unico premio, un solo vincitore.
Sembra davvero una tragedia greca quella che si svolge ai nostri occhi: Tommy (Tom Hardy, l'Eames di "Inception") e Brendan (Joel Edgerton, "Animal Kingdom"), orfani di madre, fratelli ma nemici, decidono di partecipare all'insaputa dell'altro al torneo "Sparta".
Attratti dal premio finale, sono entrambi spinti alla lotta "senza esclusione di colpi" da giuste convinzioni.
L'unica cosa che sembrerebbe accomunarli è l'odio verso il padre Puddy (un meraviglioso Nick Nolte nella parte), ex pugile ed ex alcolizzato, che tenta con ogni mezzo di redemersi da un difficile passato e riunire quel che resta della sua famiglia.
Di norma, appare scontato per lo spettatore affezionarsi al personaggio principale, specie in questo genere di film: metti un eroe, magari con un passato oscuro, aggiungi un antagonista, un "duello" e conseguente risoluzione finale.. nessun intoppo, tutto scorre alla perfezione.
Ma se gli eroi fossero due, per giunta fratelli...a chi toccherebbe soccombere? Chi sarebbe l'antagonista, chi il "buono"?
E qui, ahimè, lo spettatore viene messo in completa crisi.
Una crisi certamente voluta dal regista Gavin O'Connor, e una scelta registica sicuramente rischiosa per questo genere di film.
Seppur denso di citazioni "alla Rocky", infatti, il regista preferisce soffermarsi sull'aspetto psicologico dei protagonisti: nella prima parte del film ci presenta i due fratelli, ci accompagna passo dopo passo alle origini della scissione familiare e della loro diversità caratteriale, alla fonte di quell' evento passato che scatena la "hybris" presente.
Nella seconda parte, invece, tutto si fa più dinamico: split screen, montaggi paralleli, una colonna sonora che tocca persino il genere classico con Beethoven, Bach, Strauss, ma che non intacca affatto l'andamento energico delle immagini, ci fanno entrare nel vivo dell'azione, fino a quando l'odio e il risentimento semi celato nella prima parte, si palesa sul ring, in un'esplosione di emozioni: rabbia, rivalsa, rancore, orgoglio.
Possiamo solo restare a guardare perchè, nel frattempo, siamo entrati in piena crisi decisionale.
Eteocle e Polinice finalmente in campo: un finale intenso, al cardiopalma, struggente in ogni singola scena, in ogni singolo primo piano; un climax di emozioni, in cui il tempo non sembra voler scorrere, rendendo gesti, sguardi e suoni ancora più intensi.
Risoluzione finale o, da buona tragedia che si rispetti, continuità della hybris?
A voi scoprirlo...
Ma una cosa è certa: nessun guerriero getta la spugna.
Udite! Udite!
Behold!
Ladies and gentleman, siore e siori...
allo scopo di placare l'insaziabile fame di alcuni o, al contrario, farvi venire l'acquolina in bocca ancor di più, ecco gli:
"Stuzzichini- movies":
curiosità, aneddoti, frasi celebri, scene "mitiche" e indimenticabili.
Piccoli buffet, "assaggini", in attesa della "portata principale"...che si spera sia buona... non vorrei ritrovarmi la versione cinefila di Gordon Ramsey fuori la porta.
Naturalmente ben accetti commenti, domande, insulti...(?)
Bè, oggi mi sento proprio di darvi un assaggio di...
"Pioggia e latte!"
Aaaah, Gene, che artista...gira la sequenza con 39 di febbre...e riesce comunque a rendere meravigliosa una serata uggiosa!
Ops, non serata...in realtà la scena è girata di giorno! Magia magia....
E chi non avrebbe voglia adesso di trovare una pozzanghera e ballarci dentro?
Anche se son certa nessuno ci riuscirebbe meglio di lui: pioggia che lo accarezza, che danza il tip tap con lui...quasi viva, luminosa, bianca..come il latte..
Ed effettivamente...è latte!
Trucchi del mestiere..
Stanchi delle solite storie d'amore?
Stanchi di dichiarazioni al chiaro di luna, tragici amori destinati a durare in eterno, serenate sotto la finestra dell'amato/a?
Bene...mettete pure Baby in un angolo, e lasciatevi trascinare in una storia incantevole, malinconica, divertente, cinica, ironica, imprevedibile, cattiva...in una parola: reale.
Vi presento.....Tom.
500 lunghi, agognati giorni di felicità e sofferenza allo stato puro per il povero Tom ( J. G. Lewitt), scrittore di bigliettini di auguri con un sogno nel cassetto, che si imbatte casualmente (o forse no?) in Summer (in Italiano tradotto in "Sole", protagonista Zoey Deschanel).
Innamorato dell'amore, Tom crede di aver trovato in Summer la sua anima gemella, ma...sarà davvero lei quella giusta?
Prima di presentare al pubblico i due personaggi tramite una voice off che ci accompagna nei momenti salienti della vicenda, il regista Marc Webb realizza un incipit memorabile: una "particolare" dedica a una sua ex fidanzata ci mette in guardia dal fatto che, probabilmente, di storia d'amore non si tratta.
E' piuttosto il percorso affrontato dai due protagonisti a interessare il regista, e di come il corso degli eventi li fa maturare entrambi: in particolare, Webb è interessato a mostrarci il punto di vista di Tom: scelta piuttosto inusuale questa, dal momento che raramente in una commedia romantica è l'uomo ad essere protagonista, diventando elemento di immedesimazione dello spettatore. Eppure, Marc Weeb riesce perfettamente nel suo intento.
Tom vede in Summer la donna dela sua vita; Summer, al contrario, non crede nell'amore, "pura invenzione", e preferisce non dare etichette al loro rapporto, preferisce "cogliere l'attimo", affidarsi al caso...e que sera, sera.
Due visioni dell'amore completamente diverse, dettate da esperienze e scelte di vita differenti, eventi vissuti, subiti e assorbiti dai due, che li hanno segnati in passato e che li hanno resi quello che ora sono: da una parte una persona fiduciosa, speranzosa, disincantata; dall'altra una cinica, scettica e disillusa.
Ciò che colpisce di questo film è l'originalità della rappresentazione, a partire dalla cronologia degli avvenimenti, non lineare, ma che ci viene mostrata attraverso flashback-flashforward che oscillano dal giorno 1 al giorno 500 e che, sebbene all'inizio disorientino, ci permettono man mano di capire la storia tra i due: ciò rende il tutto più dinamico, in un alternarsi di eventi comico-umoristici da un lato, più profondi e seri dall'altro.
Proveniente dall'eterogeneo mondo dei video musicali, Webb rende la visione del film affatto monotona, ma brillante e dinamica, attraverso l'inserto di contaminazioni di generi, quali il musical, l'utilizzo di tecniche particolari quali split-screen (in un meraviglioso confronto tra aspettativa-realtà davvero toccante), animazioni, videoclip-documentario (con un riferimento ad "Harry ti presento Sally").
Non mancano inoltre citazioni ed omaggi ai grandi film del passato, in primis "Il laureato" ( come un film può cambiarti la vita...), ma anche riferimenti al "Settimo sigillo" di Bergman o al cinema francese di J.L. Godard.
Il tutto, accompagnato da una colonna sonora costituita da artisti vecchi e nuovi, passando dalla voce cristallina di regina Spektor, al ritmo scoppiettante degli Hall & Oates, al senso di rivalsa scaturito dall'ascolto di "Vagabond" dei Walfmother.
Un calderone di ingredienti quanto mai diversi e insoliti, ma nonostante l'azzardo, un accordo finale perfetto.
Capiremo e ameremo Tom, vorremo spaccare piatti fissando il vuoto e urlare in luoghi pubblici assieme a lui, faremo il tifo per lui fino alla fine.
Odieremo Sole, "i suoi capelli anni '60, il suo sorriso, la sua risata..."...o forse no, capiremo anche lei.
Ci immedesimeremo nell'uno e poi nell'altra, e poi di nuovo in lui, finchè non capiremo più da che parte stare.
Perchè l'amore è strano.
Perchè in fondo Summer e Tom sono due facce della stessa medaglia.
Summer & Tom.
Casualità & Destino.
un bambino di sette anni: capelli neri, lisci e sempre in
ordine, viso d’angelo e paffutello.
Aveva una bella famiglia, un cane, un gatto, ed era dolce ed
educato.
Amava uscire a giocare a pallone con i suoi amici.
Adorava le favole, quelle che la madre gli raccontava per farlo addormentare: giovani cavalieri e donzelle in pericolo, animali parlanti,
lieti finali…”
No no no….decisamente troppo comune.
E se invece...parlassi di lui?
“C’era una volta….”
E’ Tim Burton a dare vita al personaggio di Vincent Malloy (utilizzando la tecnica stop-motion), di certo non un personaggio qualsiasi: sette
anni, timido, introverso, appassionato di libri dell' orrore, Vincent ama rifugiarsi
in un mondo da lui stesso creato, in cui immagina di essere l’attore Vincent Price
(voice-off del corto)
o ancora meglio:
Scienziato pazzo, artefice di mostruosi esperimenti,Vincent
si sente a suo agio nel suo mondo: la sua fantasia oscura diventa un luogo sicuro.
Rifiuta il mondo reale,gli è del tutto estraneo: in esso, Vincent è costretto
al confronto con l’ ”altro”, in particolare con il mondo degli adulti: quasi escluso
alla mdp, senza volto, l’adulto è solo una “presenza” che Vincent sente, ma che
allontana subito, senza curarsene.
E qual è l’elemento fondamentale che non può mancare in un
buon film dell’orrore? Il buio!
Nel genere horror, la Luce
rappresenta la salvezza,il Bene, il definito, la forma; al contrario, il Buio
rappresenta il Nulla, tutto ciò che è oscuro, mostruoso, indefinito.
Ma sarebbe troppo semplice per Burton una concezione del
genere: i suoi personaggi non sono esseri comuni, sono instabili, diversi e
meravigliosi proprio per le loro caratteristiche uniche, non si piegano alla
normalità.
E allora…destabilizziamo un po’ le cose!
La luce si accende? Vincent “si spegne”, si conforma al
mondo, ma senza farne veramente parte.
La luce si spegne? L’avventura può ricominciare! La fantasia
si accende, il suo potere prende forma, Vincent finalmente può vivere.
Tale contrapposizione la ritroveremo in film successivi
quali “Edward mani di forbici” o “La sposa cadavere”: specialmente in
quest’ultimo, luce e colore diventano un tratto caratteristico del regno
dell’Oltretomba, in contrasto con i toni freddi del mondo terreno…decisamente
più divertente l’ “altro mondo”.
Tratti espressionistici rendono ancora più evidente il contrasto
realtà/fantasia: nel momento in cui la luce viene spenta, la spoglia stanza di Vincent si
deforma, dando vita a immense ombre, scale infinite da percorrere, contorni aguzzi. Lo stesso
protagonista sembra deformarsi nei suoi tratti fisionomici, complice un primo piano..."da urlo".
Nel finale, la madre di Vincent cerca di convincere
il bambino ad uscire e a divertirsi davvero, ad "adeguarsi": è a questo punto che la storia prende una
piega ancor più inquietante ( e sarà probabilmente per questo motivo che la Disney non accettò mai del
tutto questo corto, considerato non molto appropriato per il pubblico più giovane) : rifiutando la prospettiva offertagli dalla madre,Vincent
simula la sua morte, citando l'ultimo verso della poesia "Il corvo" di E. A. Poe.
Una debole luce lo colpisce, e man mano che la mdp si
allontana lentamente dal suo corpo, il buio prende completamente il sopravvento.
Una favola gotica dunque, in linea con le tematiche preferite da Burton: attrazione per l’oscuro, fervida immaginazione, elementi
gotico- espressionisti, contrasti inusuali.
No, decisamente il piccolo Victor non è un bambino comune, Victor è ....Tim Burton!
Incubi d' oro...
Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo
Su bizzarri volumi di un sapere remoto,
Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,
D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.
"C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta
Solo questo e nulla più. "
Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,
Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.
Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri
Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,
La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore
E che nessuno, qui, chiamerà mai più.
E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende
Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,
Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:
"È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,
Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.
Ecco: è questo e nulla più"
Poi mi feci coraggio e senza più esitare
"Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,
Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,
Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare
Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:
C'erano solo tenebre e nulla più. "
Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,
Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai
Si era osato sognare: ma nessuno violò
Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,
Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:
"Lenore". Solo quello e nulla più.
Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.
Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,
E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa
Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,
Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.
Ma è solo il vento, nulla più. "
Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali
Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi
Che non fece un inchino, né si fermò un istante.
E con aria di dame o di gran gentiluomo
Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta
Si posò, si sedette, e nulla più.
Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,
Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,
"Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile
Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.
Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "
Disse il Corvo: "Mai più".
Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,
Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,
Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,
Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:
Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"
Allora disse il Corvo: "Mai più".
Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,
"Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta
A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato
Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,
Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:
Mai, mai più".
Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,
Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,
Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,
Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.
Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico
Potesse voler dire gracchiando "Mai più".
Sedevo in congetture senza dire parola
All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;
Cercavo di capire, chino il capo sul velluto
Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,
Sul viola del velluto dove la lampada luceva
E che purtroppo Lei non premerà mai più.
Parve più densa l'aria, profumata da un occulto
Turibolo, oscillato da leggeri serafini
Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda
Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,
Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "
Disse il Corvo "Mai più".
"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello
Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda
O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa
Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,
Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "
Disse il Corvo: "Mai più".
"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello
Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,
Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta
Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,
La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".
Disse il Corvo: "Mai più".
"Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai
"uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,
Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno
Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,
Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"
Disse il Corvo: "Mai più".
E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora
Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.
E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante
E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.
E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento
“IL Moulin Rouge: un locale
notturno, una sala da ballo e un bordello…regno dei piaceri notturni, in cui
ricchi e potenti venivano a divertirsi con giovani e belle creature di
malaffare”.
È qui, in una Parigi in piena
rivoluzione bohemienne, che il giovane Christian (Ewan McGregor), scrittore
londinese, vive la sua intensa e tragica storia d’ amore con Satine (Nicole
Kidman), il “diamante splendente” del Moulin Rouge, il locale più trasgressivo
e vitale di Parigi.
Tramite coincidenze e scambi
di persona i due protagonisti si incontrano e s’innamorano, ma la loro storia
è ostacolata dal Duca di Rochester (Richard Roxburgh), personaggio inizialmente
inoffensivo , ma che rivelerà
successivamente la sua natura malvagia: avendo finanziato lo spettacolo scritto
da Christian, vanta diritti sul Moulin Rouge e soprattutto su Satine.
La trama del film si snoda su
diverse cornici narrative che rimandano tutte alla storia principale: il narratore
è lo stesso protagonista che ripercorre il periodo più intenso e incisivo della
sua vita, l’estate del 1899, utilizzando una macchina da scrivere.
Il film viene presentato come se fosse una
rappresentazione teatrale: il direttore d’orchestra ci accompagna all’apertura del sipario dietro il quale Toulouse- Lautrec( John Leguizamo), sullo
sfondo di una Parigi grigia e spenta, intona “Nature boy”(di David Bowie),
storia di un sognatore vagabondo.
Creazione di un’altra
cornice narrativa, collegata alle vicende dei due protagonisti, è l’allestimento dello “spettacolo spettacolare”, in cui viene narrata la storia
della cortigiana e del suonatore di sithar, insidiati dal perfido maraja.
Il regista australiano Baz
Luhrmann sottolinea durante tutto il film lo stretto rapporto che intercorre
tra l’arte e la vita, ma solo fino ad un certo punto: se nello spettacolo la
cortigiana vivrà per sempre con il suonatore di sithar, nella realtà sull’amore di Christian e Satine aleggia sempre l’ombra della morte.
Tema, quest’ultimo, molto
caro al regista, perchè connesso al
sentimento dell’ amore,
elemento fondamentale del suo precedente film del 1993: “William Shakespeare’s
Romeo+Juliet”, tragedia
resa da Luhrmann più moderna
che mai.
La musica è uno degli
elementi più importanti per conoscere la storia e per rendere la scena ancora
più patetica: basti ricordare uno dei momenti più drammatici del film,
accompagnato dal brano “ El tango de
Roxanne” che, oltretutto, realizza un ennesimo livello diegetico.
La coreografia dà vita a un’
atmosfera concitata ed accompagna allo stesso tempo momenti di passione,
gelosia, tradimento e morte in un climax ascendente che coinvolge lo
spettatore.
Particolare attenzione all’atmosfera opulenta e vibrante del Moulin Rouge, densa di colori accesi- dal
rosso, al giallo, all’arancio- che si rincorrono creando attraverso
rallentamenti e montaggi alternati della macchina da presa un vortice di colori
e suoni, in cui si è trascinati dal ritmo frenetico delle coreografie di John
O’ Connel.
Pur se un luogo di piacere e
svago, il Moulin Rouge rappresenta in realtà una società sull’orlo della
crisi, che vedrà sparire gli ideali di bellezza, verità, libertà e amore,
sostituiti dal pessimismo e dal senso di malinconia che saranno le tematiche
fondamentali dei poeti decadenti.
Il regista sottolinea la
vitalità della società parigina tramite il colore rosso acceso del Moulin
Rouge, ponendolo in contrasto con i colori freddi della città: il locale
diventa una sorta di mondo illusorio con danze, canti e “fate verdi”( piccolo
cameo di Kylie Minogue).
Nonostante ciò, tutti finiranno
per essere sopraffatti: la stessa Satine, una Nicole Kidman dai capelli rossi
che richiama alla mente i volti malinconici dei dipinti di Henri de Toulouse-Lautrec
e delle locandine del Moulin, finirà per soccombere alla realtà del “mal du
siècle”.
Al di là della trama che
ricalca i drammi drammi shakesperiani, questo film è particolarmente
interessante per la ricchezza di citazioni, contaminazioni, omaggi, che non
decretano mancanza di creatività, tutt’altro!
La colonna sonora è ricca di
citazioni di musical ( “The sound of music”) e di canzoni di numerosi artisti
del calibro di Madonna, Elton John, Nirvana, Freddie Mercury, che si
inseriscono perfettamente nella cornice della storia.
La densità delle
contaminazioni rende l’atmosfera fiabesca e richiama alla mente non solo
Parigi,di cui il cantante bohemienne Rufus Wainwright è il più valido
rappresentante, ma anche
l’India, grazie ai favolosi
costumi e alla ricchezza di particolari esotici (la dimora a forma di
elefante).
Luhrmann si spinge fino agli
ambienti di Buenos Aires, con il sensuale tango argentino, e rende omaggio alle
fantasmagorie di Georges Melies nel duetto tra Christian e Satine sulla dimora
a forma di elefante: la luna che prende vita e intona un canto lirico ricorda
la luna del film “Le voyage dans la lune”.
Dunque è una contaminazione
di elementi non negativa: Baz Luhrmann riesce a fondere il tutto in un’atmosfera barocca e originale.
Per i sognatori è un modo per
ripercorrere un’epoca favolosa…, per i romantici è la storia “di un tempo, di
un luogo, di persone, ma soprattutto una storia d’amore”: da non perdere.