sabato 31 marzo 2012

Ecco cosa viene fuori durante le notti insonni...

Udite! Udite!
Behold!
Ladies and gentleman, siore e siori...
allo scopo di placare l'insaziabile fame di alcuni o, al contrario, farvi venire l'acquolina in bocca ancor di più, ecco gli:

"Stuzzichini- movies":
curiosità, aneddoti, frasi celebri, scene "mitiche" e indimenticabili.
Piccoli buffet, "assaggini", in attesa della "portata principale"...che si spera sia buona... non vorrei ritrovarmi la versione cinefila di Gordon Ramsey fuori la porta.
Naturalmente ben accetti commenti, domande, insulti...(?)
Bè, oggi mi sento proprio di darvi un assaggio di...


"Pioggia e latte!"



Aaaah, Gene, che artista...gira la sequenza con 39 di febbre...e riesce comunque a rendere meravigliosa una serata uggiosa!
Ops, non serata...in realtà la scena è girata di giorno! Magia magia....
E chi non avrebbe voglia adesso di trovare una pozzanghera e ballarci dentro?
Anche se son certa nessuno ci riuscirebbe meglio di lui: pioggia che lo accarezza, che danza il tip tap con lui...quasi viva, luminosa, bianca..come il latte..
Ed effettivamente...è latte!
Trucchi del mestiere..






  




giovedì 15 marzo 2012

500 days of Summer

Stanchi delle solite storie d'amore?
Stanchi di dichiarazioni al chiaro di luna, tragici amori destinati a durare in eterno, serenate sotto la finestra dell'amato/a?
Bene...mettete pure Baby in un angolo, e lasciatevi trascinare in una storia incantevole, malinconica, divertente, cinica, ironica, imprevedibile, cattiva...in una parola: reale.
Vi presento.....Tom.

 

500 lunghi, agognati giorni di felicità e sofferenza allo stato puro per il povero Tom ( J. G. Lewitt), scrittore di bigliettini di auguri con un sogno nel cassetto, che si imbatte casualmente (o forse no?) in Summer (in Italiano tradotto in "Sole", protagonista Zoey Deschanel).
Innamorato dell'amore, Tom crede di aver trovato in Summer la sua anima gemella, ma...sarà davvero lei quella giusta?
Prima di presentare al pubblico i due personaggi tramite una voice off che ci accompagna nei momenti salienti della vicenda, il regista Marc Webb realizza un incipit memorabile: una "particolare" dedica a una sua ex fidanzata ci mette in guardia dal fatto che, probabilmente, di storia d'amore non si tratta.
E' piuttosto il percorso affrontato dai due protagonisti a interessare il regista, e di come il corso degli eventi li fa maturare entrambi: in particolare, Webb è interessato a mostrarci il punto di vista di Tom: scelta piuttosto inusuale questa, dal momento che raramente in una commedia romantica è l'uomo ad essere protagonista, diventando elemento di immedesimazione dello spettatore. Eppure, Marc Weeb riesce perfettamente nel suo intento.
Tom vede in Summer la donna dela sua vita; Summer, al contrario, non crede nell'amore, "pura invenzione", e preferisce non dare etichette al loro rapporto, preferisce "cogliere l'attimo", affidarsi al caso...e que sera, sera.
Due visioni dell'amore completamente diverse, dettate da esperienze e scelte di vita differenti, eventi vissuti, subiti e assorbiti dai due, che li hanno segnati in passato e che li hanno resi quello che ora sono: da  una parte una persona fiduciosa, speranzosa, disincantata; dall'altra una cinica, scettica e disillusa.
Ciò che colpisce di questo film è l'originalità della rappresentazione, a partire dalla cronologia degli avvenimenti, non lineare, ma che ci viene mostrata attraverso flashback-flashforward che oscillano dal giorno 1 al giorno 500 e che, sebbene all'inizio disorientino, ci permettono man mano di capire la storia tra i due: ciò rende il tutto più dinamico, in un alternarsi di eventi comico-umoristici da un lato, più profondi e seri dall'altro.
Proveniente dall'eterogeneo mondo dei video musicali, Webb rende la visione del film affatto monotona, ma brillante e dinamica, attraverso l'inserto di contaminazioni di generi, quali il musical, l'utilizzo di tecniche particolari quali split-screen (in un meraviglioso confronto tra aspettativa-realtà davvero toccante), animazioni, videoclip-documentario (con un riferimento ad "Harry ti presento Sally").
Non mancano inoltre citazioni ed omaggi ai grandi film del passato, in primis "Il laureato" ( come un film può cambiarti la vita...), ma anche riferimenti al "Settimo sigillo" di Bergman o al cinema francese di J.L. Godard.
Il tutto, accompagnato da una colonna sonora costituita da artisti vecchi e nuovi, passando dalla voce cristallina di regina Spektor, al ritmo scoppiettante degli Hall & Oates, al senso di rivalsa scaturito dall'ascolto di "Vagabond" dei Walfmother.
Un calderone di ingredienti quanto mai diversi e insoliti, ma nonostante l'azzardo, un accordo finale perfetto.
Capiremo e ameremo Tom, vorremo spaccare piatti fissando il vuoto e urlare in luoghi pubblici assieme a lui, faremo il tifo per lui fino alla fine.
Odieremo Sole, "i suoi capelli anni '60, il suo sorriso, la sua risata..."...o forse no, capiremo anche lei.
Ci immedesimeremo nell'uno e poi nell'altra, e poi di nuovo in lui, finchè non capiremo più da che parte stare.
Perchè l'amore è strano.
Perchè in fondo Summer e Tom sono due facce della stessa medaglia.
Summer & Tom.
Casualità & Destino.





martedì 6 marzo 2012

Vincent

“C’era una volta…
un bambino di sette anni: capelli neri, lisci e sempre in ordine, viso d’angelo e paffutello.
Aveva una bella famiglia, un cane, un gatto, ed era dolce ed educato.
Amava uscire a giocare a pallone con i suoi amici.
Adorava le favole, quelle che la madre gli raccontava per farlo addormentare: giovani cavalieri e donzelle in pericolo, animali parlanti, lieti finali…”
No no no….decisamente troppo comune.
E se invece...parlassi di lui?
“C’era una volta….”



E’ Tim Burton a dare vita al personaggio di Vincent Malloy (utilizzando la tecnica stop-motion), di certo non un personaggio qualsiasi: sette anni, timido, introverso, appassionato di libri dell' orrore, Vincent ama rifugiarsi in un mondo da lui stesso creato, in cui immagina di essere l’attore Vincent Price (voice-off del corto)












o ancora meglio:
Scienziato pazzo, artefice di mostruosi esperimenti,Vincent si sente a suo agio nel suo mondo: la sua fantasia oscura diventa un luogo sicuro.
Rifiuta il mondo reale,gli è del tutto estraneo: in esso, Vincent è costretto al confronto con l’ ”altro”, in particolare con il mondo degli adulti: quasi escluso alla mdp, senza volto, l’adulto è solo una “presenza” che Vincent sente, ma che allontana subito, senza curarsene.
E qual è l’elemento fondamentale che non può mancare in un buon film dell’orrore? Il buio! 
Nel genere horror, la Luce rappresenta la salvezza,il Bene, il definito, la forma; al contrario, il Buio rappresenta il Nulla, tutto ciò che è oscuro, mostruoso, indefinito.
Ma sarebbe troppo semplice per Burton una concezione del genere: i suoi personaggi non sono esseri comuni, sono instabili, diversi e meravigliosi proprio per le loro caratteristiche uniche, non si piegano alla normalità.
E allora…destabilizziamo un po’ le cose!
La luce si accende? Vincent “si spegne”, si conforma al mondo, ma senza farne veramente parte.
La luce si spegne? L’avventura può ricominciare! La fantasia si accende, il suo potere prende forma, Vincent finalmente può vivere.
Tale contrapposizione la ritroveremo in film successivi quali “Edward mani di forbici” o “La sposa cadavere”: specialmente in quest’ultimo, luce e colore diventano un tratto caratteristico del regno dell’Oltretomba, in contrasto con i toni freddi del mondo terreno…decisamente più divertente l’ “altro mondo”.
Tratti espressionistici rendono ancora più evidente il contrasto realtà/fantasia: nel momento in cui la luce viene spenta, la spoglia stanza di Vincent si deforma, dando vita a immense ombre, scale infinite da percorrere, contorni aguzzi. Lo stesso protagonista sembra deformarsi nei suoi tratti fisionomici, complice un primo piano..."da urlo".
Nel finale, la madre di Vincent cerca di convincere il bambino ad uscire e a divertirsi davvero, ad "adeguarsi": è a questo punto che la storia prende una piega ancor più inquietante ( e sarà probabilmente per questo motivo che la Disney non accettò mai del tutto questo corto, considerato non molto appropriato per il pubblico più giovane) : rifiutando la prospettiva offertagli dalla madre,Vincent simula la sua morte, citando l'ultimo verso della poesia "Il corvo" di E. A. Poe. 
Una debole luce lo colpisce, e man mano che la mdp si allontana lentamente dal suo corpo, il buio prende completamente il sopravvento.
Una favola gotica dunque, in linea con le tematiche preferite da Burton: attrazione per l’oscuro, fervida immaginazione, elementi gotico- espressionisti, contrasti inusuali.
No, decisamente il piccolo Victor non è un bambino comune, Victor è ....Tim Burton!

Incubi d' oro...

 Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,

D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.

"C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta

Solo questo e nulla più. "

Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri

Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,

Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

"È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,

Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

Ecco: è questo e nulla più"

Poi mi feci coraggio e senza più esitare

"Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,

Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,

Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:

C'erano solo tenebre e nulla più. "

Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

Si era osato sognare: ma nessuno violò

Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:

"Lenore". Solo quello e nulla più.

Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.

Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa

Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

Ma è solo il vento, nulla più. "

Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

E con aria di dame o di gran gentiluomo

Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta

Si posò, si sedette, e nulla più.

Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,

Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

"Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile

Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.

Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "

Disse il Corvo: "Mai più".

Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,

Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,

Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:

Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"

Allora disse il Corvo: "Mai più".

Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

"Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta

A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,

Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:

Mai, mai più".

Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.

Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico

Potesse voler dire gracchiando "Mai più".

Sedevo in congetture senza dire parola

All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

Sul viola del velluto dove la lampada luceva

E che purtroppo Lei non premerà mai più.

Parve più densa l'aria, profumata da un occulto

Turibolo, oscillato da leggeri serafini

Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda

Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "

Disse il Corvo "Mai più".

"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda

O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,

Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "

Disse il Corvo: "Mai più".

"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta

Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".

Disse il Corvo: "Mai più".

"Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai

"uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"

Disse il Corvo: "Mai più".

E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento

Non si solleverà "Mai più" mai più.
                                                      Il Corvo, E. A. Poe